Meditazione & neuroscienze

Meditare significa allargare lo spazio tra due pensieri.

Meditazione & neuroscienze

Meditare significa allargare lo spazio tra due pensieri.

Osserva i tuoi pensieri, il tuo corpo, il tuo respiro

Si fa un gran parlare di meditazione, ed è cosa buona e giusta considerati gli effetti benefici della pratica, su tutti i livelli: fisico, emotivo e mentale.
Ma come si medita? Cosa vuol dire meditare? Ad una conferenza di Padre Anthony Elenjimittam ascoltai la più semplice ed efficace definizione: meditare significa allargare lo spazio tra due pensieri.

Siamo costantemente immersi in pensieri: il passato ci rincorre, il futuro ci angoscia, gli impegni ci tormentano. La cosiddetta “mente scimmia” non si ferma mai, e ci travolge con il suo farneticare.

Una pausa tra i pensieri

Non è la concentrazione che porta alla meditazione, ma è la meditazione che porta alla concentrazione.

(Sri Ram Chandra)

Durante la pratica meditativa, si inizia a scorgere una pausa minuscola tra un pensiero e l’altro, un attimo di pace e di silenzio prima di ripiombare in un frenetico brusio mentale. Non serve avere concentrazione per meditare: la concentrazione arriva proprio grazie all’esercizio.

Tre segreti

Concentrazione

Per meditare non serve la concentrazione, bensì la concentrazione si sviluppa mano a mano che si medita

Il focus

Non è importante perdere la concentrazione,, è importante accorgersi di averla persa!

L'obiettivo

L’obiettivo della meditazione NON È avere visioni, bensì creare in sé consapevolezza e compassione.

La meditazione è la cura definitiva

C’è tutto un “noi” che non è sotto il diretto controllo della coscienza. Lo chiamiamo inconscio. È indipendente dalla nostra volontà, si manifesta con sogni, bisogni, emozioni inattese, lapsus, desideri. Per quanto proviamo a modificare gli aspetti di noi stessi che non ci piacciono, ci confrontiamo con l’impossibilità di essere come vorremmo. Con tutta la più buona forza di volontà non ci è possibile cambiare solo volendolo.
Ma c’è una soluzione, ed è l’iniziare a meditare. Perché la meditazione è come andare a modificare l’hardware, cambiare le connessioni, impastare il cervello.
Non modifichiamo i nostri comportamenti, ma ciò che li genera. Non ci impuntiamo di smettere di fumare o di strafogarci di cibo, ma mettiamo le mani dentro ciò che scatena quelle voglie, riducendole.

Meditare significa alterare la frequenza delle onde cerebrali, con il meditare si entra in uno stato di attenzione diversa, uno stato che attiva la capacità del cervello di autoguarirsi, di ripristinare il funzionamento originario, prima che la vita, i traumi, lo stress lo sconquassassero. Meditare è la cura definitiva perché aggiusta il cervello.

E quindi? Come si medita?

Quindi ci si siede con la schiena diritta, si chiudono gli occhi e si respira. All’inizio ci si può aiutare con un audio, io consiglio quello del neurologo prof. Franco Fabbro, che si trova QUI. Non c’è altro da fare che osservare e osservarsi. Chiudere gli occhi e respirare. Semplice, non necessariamente facile. 
Questa è la meditazione Vipassana, che l’Occidente chiama Mindfulness, ed è la forma più antica di meditazione: viene praticata da migliaia di anni. Prevede una fase iniziale di osservazione del respiro: ci si concentra sul percepire l’aria che entra dalle narici e le sue qualità: è fresca, è morbida: com’è? E poi si pone l’attenzione sull’atto dell’espirazione: com’è l’aria? È forse più calda?

Durante il processo di osservazione del respiro (anapansati – laddove sati sta per consapevolezza), un sacco di pensieri si affacciano in questo momento, dallo scettico “ma cosa sto facendo” al più classico “ma lo sto facendo nel modo giusto?” passando per “oddio mi sono dimenticato di…. (inserire qualsiasi azione non funzionale a ciò che si sta facendo, cioè il provare a concentrarsi).
Nessun paura, anche se lo scoraggiamento incalza.
Questi pensieri vanno osservati, non inseguiti, non allontanati, né giudicati. Ci sono, vanno accettati con un leggero sorriso sulle labbra.

L’obiettivo della meditazione non è restare concentrati, il che è impossibile epr la natura stessa della mente, ma accorgersi che non si è più concentrati. Anche i grandi meditatori, i maestri buddisti che trascorrono la vita meditando, si distraggono. la differenza tra loro e noi è che ci mettono una frazione di secondo ad accorgersi di non essere più presenti a sé stessi, mentre per noi i pensieri partono per la tangente e l’audio che stiamo seguendo termina e noi ci chiediamo dove diamine siamo stati tutto quel tempo. Nessuno scoramento, è assolutamente normale.

È un esercizio, un’abitudine da conseguire. Nessuno si aspetta di entrare in palestra ed uscirne con la tartaruga. 

Da ultimo, via quell’aura di serietà pomposa, e pronti a indossare un sorriso sereno e rilassato, stiamo per prepararci ad incontrare il nostro migliore amico, noi stessi!

Ci sono tante altre tecniche meditative, ogni tradizione e cultura propone il suo percorso per ritornare a sé, ma imparare a disciplinare i propri pensieri è propedeutico a qualsiasi passo sul Sentiero.

 

Articoli sulla meditazione

presto disponibili

Con le palpebre chiuseS’intravede un chiaroreChe con il tempo e ci vuole pazienzaSi apre allo sguardo interiore

(Inneres Auge, Franco Battiato)

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