Il codice dell’anima, di James Hillman, è un manuale di istruzioni per diventare sé stessi e dare un senso alla propria vita.
Hillman riprende il mito platonico per cui accanto ad ognuno di noi vive un daimon, che conosciamo anche come angelo custode, che ha il compito di guidarci a realizzare il nostro potenziale per una vita appagante e ricca di successi.
Ecco alcune citazioni dal testo:
Il mito platonico della discesa dice che l’anima discende in quattro modi: attraverso il corpo, i genitori, il luogo, le condizioni esterne. Possiamo prenderli come istruzioni per completare l’immagine che ci siamo portati con noi al nostro arrivo. Dobbiamo accettare di essere un membro della nostra famiglia, di essere a soggetti alla forza di gravità e che abitiamo in un luogo adatto alla nostra anima che lega a sé con doveri e usanze, in ultimo è necessario restituire con gesti che dichiarano appieno l’attaccamento al mondo, le cose che l’ambiente ha dato.
L’uomo che ha perduto il suo angelo finisce per assomigliare a un diavolo; e allora l’assenza, la violenza con la paralisi sul divano dello psicoanalista sono tutti sintomi dell’anima alla ricerca della perduta vocazione verso qualcosa di altro e di oltre. L’oscillare del padre tra la rabbia e l’apatia, al pari delle allergie e di disturbi comportamentali dei suoi figli e delle depressioni e dei queruli risentimenti di sua moglie, sono parte di un modello al quale partecipano tutti insieme, non già la “famiglia come sistema”, bensì un sistema economico banditesco, che promuove la loro comune insensatezza sostituendo gli oltre con i di più.
Ecco dunque dove lo chiama la sua assenza – fisica, psicologica, spirituale: lo chiama fuori dalla gabbia del delirio americano che spezza le ali all’Angelo. Presente con il corpo, assente con lo spirito, il padre americano si svaga sul divano, svergognato dal suo stesso daimon per le potenzialità che la sua anima possiede e che non vogliono lasciarsi soffocare. Soluzione: più lavoro, più soldi, più alcolici, più chili, più informazioni, più televisione; lo scopo è unicamente rendere felici i figli.
I genitori hanno in questi decenni lo scopo di rendere felici i figli. Ma può chi è infelice produrre felicità? Poichè la felicità alla sua antica fonte era eudaimonia, cioè un daimon contento, soltanto un daimon che riceve ciò che gli spetta può trasmettere un effetto di felicità all’anima di un bambino.
Il deficit dell’attenzione che padri e madri mostrano nei confronti della personale vocazione con la quale sono nati, costituisce un tradimento della ragione per cui essi, come individui, sono su questa terra. Quando mio figlio diventa la mia ragione di vita, significa che ho abbandonato la ragione invisibile della mia vita.
Il mondo primordiale degli spiriti è stato rimpicciolito negli idoli concreti e umani, troppo umani, di due figure individuali (mamma e papà). Il processo di riduzione operato dalla religione ufficiale su quello stupendo serraglio di antenati ha impiegato secoli a essere completato. Noi lo chiamiamo processo di civilizzazione.
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